Cosa ci faranno mai i nostri figli di tutte queste parole d’amore?

Quando avrai figli capirai meglio i tuoi genitori. Me lo sono sentita dire spesso, anche mia madre ne era convinta: partorire mi avrebbe fatto spostare dalla sua stessa parte della barricata, da ragazza a donna. Non è andata esattamente così. Ho figli, ma i miei genitori, alcune loro dinamiche con noi sorelle, certe paure e certi slanci o assenze di slanci le capisco ancor meno. A parte una piccola illuminazione, che è una sciocchezza a raccontarla, ma ha aperto una frattura nella mia corazza di certezze. Pochi giorni fa una persona a cui tengo molto è finita in ospedale. Mentre le ero accanto, mi ha confessato “Sai, non volevo nemmeno chiamare i miei, per non farli preoccupare”.

È una frase che ho detto anch’io, nei momenti difficili, alcuni molto difficili, ma questa volta mi è apparsa in tutta la sua crudeltà. La funzione di un genitore, finché ne ha le forze, è esserci e preoccuparsi. Aver tenuto lontano, all’oscuro, chi mi ha messo al mondo non è stata una dimostrazione di maturità e nemmeno di altruismo, ma un modo puerile per sentirmi superiore e indipendente. È infantile non accettare il supporto di chi ti vuole bene incondizionatamente, anche se quel supporto non arriverà come lo desideri tu, tracimerà, andrà oltre i bisogni. Da quando ci sono Marta e Lorenzo, sì, ho capito che “Non te l’ho detto per non farti preoccupare” è togliere a un genitore il suo ruolo più importante.

Per il resto credo di essere una madre molto diversa dalla mia. Non parlo delle piccole grandi cose che passano nel DNA, gesti come patrimonio immutabile. Io che faccio la croce con l’unghia sulla puntura di zanzara per non far più grattare Marta, una x che taglia il ponfo e spezza il prurito. Noi che pieghiamo le lenzuola, i miei figli da un lato, io dall’altro, “tira, piega”, Lorenzo tira troppo e io lascio andare la presa. Ridiamo. Quelle sono il corredo familiare, non cambiano.

Parlo di quanto il modello genitoriale sia mutato nel giro di poche generazioni e che Noi, per esempio, siamo ossessionati dalla felicità. Alla bambina che sono stata nessuno ha chiesto mai come si sentisse, se quella bambina piangeva, era per un capriccio, non certo per tristezza. Io invece mi ritrovo spesso a incalzare i miei figli: “sei felice?”. E ogni volta mi guardano spaesati esattamente come quando domando “vi piace il film?” al cinema, vorrebbero rispondere “Ma che ne sappiamo? Siamo qui in mezzo, presi a sentire, vedere, non a farci un’idea di cosa sentiamo e vediamo”. Per noi non era contemplata la tristezza, nemmeno il mal di testa, al massimo avevamo l’acetone. Eppure, col senno di poi, ero spesso triste e forse la tristezza mi ha fatto sviluppare gli anticorpi dell’allegria. Chissà…

Un altro fatto nuovo (che non ho idea di quali conseguenze avrà) è il narrarsi genitori, una sorta di meta-genitorialità ormai endemica. Non mi riferisco solo a quelli come me che si raccontano pubblicamente, con un certo seguito. Parlo anche dell’abitudine a fotografare, postare, descrivere il proprio modo di essere madri e padri. Ci diciamo molto di più di quanto abbiano mai fatto in passato, in un continuo family-telling che è una maniera per tenersi vigili, discutere, confrontarsi, ma è insieme una costruzione, un filtro che fa perdere di naturalezza. Una volta erano i genitori a leggere di nascosto i diari personali dei figli, mi domando cosa accadrà quando presto avverrà il contrario.

È che ci indaghiamo pubblicamente, ci condanniamo e ci scagioniamo. Non che i miei non si interrogassero, probabilmente si facevano le mie stesse domande, ma avevano paura a dirle ad alta voce, il dubbio è un demone che non va invocato, altrimenti si materializza. Noi chiamiamo i nostri demoni per nome, ci facciamo amicizia, gli scriviamo continuamente.

Ecco: cosa ci faranno mai i nostri figli di tutte queste parole, di tutte le dichiarazioni d’amore, di tutte le lettere aperte per ogni compleanno, onomastico, dente caduto, dente cresciuto. Le ignoreranno? Se ne vergogneranno? Cosa ci faranno di tutta questa nostra moderna ironia e autoironia? Io ho definito il mio senso dell’umorismo prendendo per il culo i miei. Se si fossero presi per il culo da soli chi sarei oggi, mi chiedo? Abbiamo la fissazione per la ribellione senza ricordarci che, da che mondo e mondo, i primi a cui ribellarsi sono proprio i genitori.

E adesso, scusate, ma devo andare a scrivere una lettera aperta a Marta e Lorenzo cercando di convincerli a non pronunciare mai la frase “Non te l’ho detto per non farti preoccupare”.

 

Illustrazione di Letizia Rubegni.

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14 thoughts on “Cosa ci faranno mai i nostri figli di tutte queste parole d’amore?

  1. Mi stai facendo riflettere e ricredere. Io sono una di quelle. Della serie che finisco in ospedale ma guai a chi chiama i miei! Che non si devono preoccupare.
    Ora che me la metti così in effetti qualche dubbio mi viene. Però, almeno nel mio caso, il seme dell’arrangiati è cresciuto con me sin da quando ho memoria, faccio fatica a cambiare atteggiamento. Dopo alcuni drammatici fatti che mi sono accaduti negli ultimi anni devo tuttavia ammettere che un pochino mi sono ammorbidita e in qualche caso ho lasciato che l’aiuto arrivasse.
    Per il family-telling non saprei. Io non ho un blog mammifero e non mi sento attratta. Sto scrivendo però un diario ai miei figli, uno ciascuno, da quando sono nati. Niente di poetico o illuminato, semplicemente aneddoti e pensieri che li riguardano e che mi piace pensare un giorno saranno felici di leggere. A me sarebbe tanto piaciuto.
    Grazie per lo spunto riflessivo.

  2. barbara71 says:

    Ho 46 anni e due figli di 10 e 8 anni.
    Mia mamma è mancata lo scorso anno a 82 anni, mio padre che vive solo a 30 km da me più che autonomo ha 86 anni.
    Da quando mia madre non c’è più io mi sento responsabile anche per lui….ho deciso che meno si preoccupa per me meglio è….sono una persona sana (per ora), forse sbaglio ma vorrei che i suoi anni in mia compagnia e in compagnia dei suoi nipoti fossero i più sereni possibili quindi capisco la frase di non voler far preoccuapre i genitori, soprattutto, nel caso siano anziani….

    • barbara io ho mia madre che è da un anno invalida, non le dico nulla che possa metterle ansia. Sto parlando evidentemente di genitori adulti e non anziani, fai benissimo a prenderti cura di tuo padre evitandogli inutili preoccupazioni

  3. Roberta says:

    Non commento mai neppure su fb ma mi hai fatto venire l’ansia. Sono una mamma “mercurio congiunto al sole in scorpione in XI”, quindi, tra l’altro, con un senso dell’umorismo parecchio “nero”, anche con i figli. Eppure questa cosa della felicità mi chiude lo stomaco ed è direttamente proporzionale all’età dei figli e alla personale (quindi fallace) percezione della loro fragilità. Ecco

  4. Adesso mi sento stronza. Perché io ho smesso di raccontare ogni cosa a mia madre perché mi andavo solo ad infilare in un ginepraio di “ma come hai fatto, ma spiegami bene, ma perché non hai fatto così, ma rispiegamelo dinuovo, e ma e ma e ma”. Volevo renderla partecipe dei miei problemi e delle mie disgrazie perché speravo sempre che raccontando alla mamma le cose brutte diventassero più leggere da smaltire. La verità è che spesso di un sassolino ne faceva un macigno. Ed io invece di stare meglio, stavo peggio. Allora forse non le dïto più niente più per la mia sopravvivenza emotiva che altro….sono stronza eh? 🙁

  5. Giulia says:

    Io da quando sono madre ho capito tutte le dinamiche disfunzionali che i miei genitori hanno avuto con me. Pur avendo avuto un’infanzia serena, ora riesco a vedere ogni singola crepa.
    Sono madre, perciò, anche in funzione dei danni che temo di aver subito e che non vorrei infliggere ai miei figli.
    Per quel che riguarda mio padre, beh, certamente sono sempre sua figlia ma il fatto di essere anche madre ha mischiato le carte: lo vedo sotto un’altra luce, e non mi sognerei più di chiedergli di ascoltare le mie paturnie, ho sviluppato in questo senso uno strano pudore. Mi sento adulta, forse.

  6. La Fra says:

    Bella riflessione Enrica!
    Fino ad oggi non avevo mai considerato il peso che può avere la frase: non volevo farvi preoccupare! Grazie alla tua condivisione ho capito, oggi, che soffrirei molto se le mie figlie mi escludessero dai loro “guai” per non farmi preoccupare. Vivo una situazione familiare difficile, adesso le bambine hanno 8 anni e accudire loro è la mia ragione di vita. Ma dovrò fare i conti con il tempo che passa. Diventeranno adolescenti, poi giovani donne ed avranno sempre meno bisogno di me, o peggio, arriverà il momento che saremo in conflitto e mi odieranno. Se penso a quel momento il cuore mi diventa piccolo piccolo e mi chiedo se riuscirò a sopportarlo. Forse solo allora capirò quanto sarà stato sbagliato aver sacrificato la mia vita dietro ad un rapporto coniugale vuoto, solo per offrire a loro l’illusione di una famiglia con mamma e papà.
    Vorrei avere la forza che hai avuto tu… vorrei imparare ad accettare che la gioia che posso regalare ai miei figli sarà reale e duratura solo nella misura in cui anche la loro mamma sarà veramente felice e realizzata.
    P.S. anch’io faccio la croce con le unghie sulle punture di zanzara e funziona 😉

  7. RicordatiDiRidere says:

    Nei tuoi scritti mi ritrovo sempre, da mamma, da figlia e da futura separata; e mi fai sempre riflettere… oltre che ridere! Grazie!!! 🙂

  8. vipero says:

    Non c’è mai stato un gran dialogo coi genitori, quando ero foglio. Vigeva una sorta di “famo che va tutto bene, basta che stamo bene”.

    Adesso, da questa parte della barricata, qualche volta ci provo a dialogare. Ma noto una certa insofferenza ai discorsi. A 10 e 12 anni sono già polemici e reazionari.
    Me l’aspettavo più avanti, nell’adolescenza.

    Continuo a domandarmi come abbiano fatto, i miei, e tutti gli altri, alla nostra epoca, a lasciarci andare in maniera apparentemente così incosciente.

    Poi la pubblichi quella lettera aperta? Potrebbe essere utile 😉

  9. Mi mancano le preoccupazioni, mezzo celate , dei miei genitori per me, mi facevano sentire molto figlia e non mi è mai dispiaciuto esserlo. Quando i genitori sono anziani e non autosufficienti i ruoli si invertono, poi … vabbé

  10. sono una figlia
    non credo sarò madre, anche se l’istinto c’è ed ha una valenza che spinge sull’acceleratore parecchio…
    il tuo post mi fa pensare che certe cose non le imparerò, ma come figlia cercherò di essere sempre di più, sempre meglio

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