Il giorno in cui Madre toccò il fondo della propria solitudine serale.

Madre ha messo i bambini a letto e traffica. Le madri non preparano in modo meticoloso il giorno dopo, non sistemano la cucina, non rassettano, le madri, la sera, trafficano. Un po’ perché c’è sempre troppo da fare e non sanno da dove cominciare, un po’ perché la stanchezza manda in cortocircuito la connessione mente-gesto. Questa madre traffica con il cellulare. Non è un telefono qualsiasi, è un iPhone 4, QUATTRO, non come i punti cardinali, non come i venti principali, non come le stagioni e le fasi lunari, QUATTRO come Four, il pupazzo sfigato compare di Uan, quello inutile che non si cacava nessuno. FOUR è già caduto un numero ragguardevole di volte, l’ultimo volo ha creato una ragnatela di schegge sullo schermo tale per cui Madre non ha più le impronte digitali come il serial killer di Seven, se l’è raschiate via scrivendo messaggi. Ora potrebbe fare una rapina senza lasciare tracce e prendere i soldi che le servono per acquistare un telefono degno di questo nome, ma al momento deve risolvere problemi ben più grandi.

Il caricabatterie non funziona, non funziona perché i gatti se lo sono sgranocchiato. E qui scatta l’allarme vero: se la famiglia di Madre la mattina si rovescia sulle strade verso scuola e lavoro è grazie alla sveglia di FOUR che ora è chiusa nel suo buio interiore, muta. Alle 22 e 38 la madre impreca ad alta voce. Poi respira profondamente e pensa di chiamare il proprio padre e farsi fare uno squillo l’indomani. Nello stesso momento in cui lo pensa la madre tocca con mano la consistenza della sua infinita stupidità. Come cazzo lo chiama e si fa squillare senza Four? Alle 22 e 45 Madre tenta di tagliarsi le vene con lo schermo scheggiato di Quattro, si procura solo delle microferite dolorosissime.

Non si lascia abbattere, si guarda intorno e punta la tv. Nella televisione c’è sicuramente un timer per programmare l’accensione, mal che vada dormirà sul divano e si sveglierà con il tg del mattino. Alle 23 e 10 Madre scandisce la sua seconda bestemmia: ha solo il telecomando di Sky funzionante, quello del televisore ha le pile scariche da un paio d’anni. Certe pile non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano lì, nel telecomando del televisore, completamente spompe. Queste pile hanno visto il mondo, queste pile si sono imbarcate in un cargo battente bandiera liberiana, sono state in tutti i giochi di Natale sforniti di batterie alle aperture, hanno fatto parlare Elsa e Ultron. La sfiora l’idea di aprire il cassetto della cucina e cercare le batterie di ricambio, lo apre, una tessera elettorale smarrita dal 1999 le dice con aria sinistra “vieni a galleggiare con noi”, la Madre richiude il cassetto, afferra il portatile e scappa nel bagno.

Il Mac di Madre fa anche il caffè decaffeinato, non è possibile che non abbia un’applicazione sveglia. Dopo aver digitato sette diverse chiavi di ricerca ed essersi infognata in un sito di nerd che racconta come trasformare il proprio computer in un macchinario per misurare la pressione a nonna, Madre comprende l’incomprensibile: anche Aranzulla l’ha abbandonata, tu quoque, Aranzulla, non esiste un tutorial sull’argomento.

Dove la macchina non arriva forse può arrivare l’uomo, ma no, Madre non può suonare ai vicini e chiedere un servizio di sveglia per la mattina dopo, c’è un limite anche alla pena che può fare al prossimo suo. La dignità prima di tutto. Alle 2, stremata, rinviene in un ripiano sui fornelli un timer da cucina a forma di gattonero stronzo, uno di quelli che giri e che per un massimo di sessanta minuti ticchettano per poi avvisarti quando la pietanza è pronta. Ed è così che Madre aspetta l’alba, ripuntando ogni ora il metronomo della sua solitaria, buia e minchionissima solitudine, stringendo tra le dita un gattonero stronzo ricoperto di una patina di unto spessa due dita. Metafora di vita.

Illustrazione: Letizia Rubegni.23634962_10215216183306365_1776834353_n.jpg

 

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38 thoughts on “Il giorno in cui Madre toccò il fondo della propria solitudine serale.

  1. No ti prego, non riesco nemmeno a respirare dalle risate convulse!
    Ma siamo davvero TUTTE così -decerebrate- passami il termine, in alcuni momenti della nostra vita?!
    I telecomandi con le batterie esaurite che fanno il giro, il trafficare la sera senza una meta precisa, le -inevitabili- bestemmie e la soluzione, infamissima, che sembra una tortura cinese.
    Pat pat
    p.s. stasera nel mio trafficare cercherò una sveglia old style che sarà sicuramente persa in qualche anfratto casalingo, che si sa mai….
    p.p.s. cit.IT super top!

  2. Anche le non-madri la sera non preparano in modo meticoloso il giorno dopo, non sistemano la cucina, non rassettano e invece trafficano. Non avrei saputo scegliere termine migliore per non-definire quel numero imprecisato di ore e/o minuti che intercorrono tra il momento in cui si chiude la porta alle spalle e quello in cui si spegne la luce sul comodino.

  3. no, non sono io… io sono maniaca della programmazione a distanza… pianifico tutto non la sera precedente ma addirittura la settimana prima
    al limite posso dimenticarmi di puntare la sveglia o non sentirla

    però ho un suggerimento che può tornare utile, un trucco che mi aveva insegnato mia madre a cui lo aveva rivelato mio nonno, il cosiddetto metodo della sveglia del nonno:

    la sera prima di coricarti, giusto prima di appoggiare la testa sul cuscino, quando ancora sei seduta sul letto, con le gambe già distese, devi battere sulla fronte il pugno tante volte quante è l’ora a cui desideri risvegliarti

    faccio un esempio: per svegliarti alle 7.00 batti 7 mea culpa tra le tempie
    se poi vuoi un orario mezzo, tipo le 7.30 allora dai gli stessi 7 pugni e infine un mezzo pugnetto, meno vigoroso dei precedenti, quelli delle ore intere

    non so come ma con me funzionava…
    ciao 🙂

  4. Io preparai due sveglie per svegliarmi alle 4.30 del mattino perchè dovevo portare i miei genitori in aeroporto. Le puntai tutte e due alle 16.30. Gli strumenti c’erano, ma solo quelli…

  5. Invece sai qual è il bello? Che ho riso quasi alle lacrime fino alla quartultima riga. Poi mi è venuto il magone e basta. Che forse non era il tuo scopo, ma io ho trovato una lama sottile e profonda ancor più tagliente perché espressa con l’ironia. E comunque è tragicomica questa dipendenza che ormai abbiamo dalla tecnologia, mentre trovo fantastica la tua capacità di affidare la vita a un solo smartphone, prima, e a un gatto di m., poi. Io non ne sono capace: qualche sveglia tradizionale, per casa, ce l’ho. Buonanotte 🙂

  6. cavallogolooso says:

    sono entrambe le persone: sono quella persona che trova eroico e comunque risolutivo il gesto, tanto quanto l’altra persona, che trova utile riservare l’eroismo per altro e prendere una sveglietta dai cinesi. Ma secondo me… sei più felice tu e meno bipolare 🙂

  7. Che invidia! Qui son 6 anni (età del grande) che non si mette la sveglia e io ci spero ancora che un giorno nessuno dei due mi svegli mezz’ora o un’ora prima del dovuto…dovessimo anche non andare né al lavoro né a scuola… succedesse di sabato poi…

  8. N says:

    Che spasso, ti adoro proprio! La vita delle pile poi, memorabile!! Comunque, io in circostanze simili avrei dormito con la finestra aperta, sperando que qualche rumore esterno o la luce dell’alba mi svegliassero per tempo.

  9. In quattro righe scoppiettanti con più citazioni che parole, “vieni a galleggiare con noi” mi ha conquistato 🙂
    Se anche Aranzulla – che non a caso di nome fa Salvatore – ti abbandona vuol dire che nel mondo digitale non c’è più alcuna speranza, tocca riesumare i lasciti della tecnologia analogica, tipo un’antiquata ma funzionale sveglietta a carica manuale.
    Si stava meglio quando si stava peggio. O forse no, ma alle volte anche un luogo comune può essere di conforto.

  10. Marta says:

    Marta on November 17, 2017 at 9:06 am
    Madre è come chiamo mia mamma. Si è meritata questo nomignolo affettuoso per la tenera dolcezza di fiele con cui usa rivolgersi a me. La chiamo madre di fronte a terzi e anche al suo cospetto.
    Madre aveva l abitudine di lanciarmi dalla portiera con la macchina leggermente rallentata mentre mi accompagnava a scuola e lei andava al lavoro.
    Mi lanciava, o meglio , nel tempo ho affinato la tecnica della discesa in corsa grazie alle puntate di stusky e hutch.
    E tutto questo perche eravamo sempre in ritardo. Cioè io viaggiavo a traino del suo vezzoso ritardo. Quei 5 minuti che ti potrebbero salvare dall ‘arrivare a destinazione con la schiena sudata, il polpaccio dolente e un leggerissimo stato ansiogeno. E invece no. Avevo già fatto educazione fisica in pratica.
    Ebbene, la mia consolidata esperienza da centometrista prescuola (entrera’ mi hanno detto nelle discipline olimpioniche a breve) non solo mi ha procurato una funesta periostite ma anche…il dono.
    Si, dopo le apparizioni mariane, c’è il sacro dono della sveglia incorporata. Prima di andare a letto mi dico: ” svegliati alle 6 e 40″ . Anche se sto sognando di trombare col fottutissimo Adrien Brody, spalanco gli occhi. Paraculando nell ordine: madre, la sveglia, madre di nuovo, il tibiale e Adrien Brody. Ma mi sveglio.

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  11. avvocatolo says:

    Sei unica Enrica! Posso ben dirlo dopo la serata di ieri. Mi hai lasciato una impressione di te indelebile, davvero. Se prima ti stimavo, ora ti ammiro e guardo come un esempio che per guardarlo, devo alzare di molto gli occhi… un abbraccio!

  12. Federica says:

    Il bello delle donne è che non si scoraggiano mai di fronte alle insormontabili difficoltà della vita di tutti i giorni e trovano soluzioni bizzarre….ma le trovano…

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