Non sapevo che la morte fosse questione di burocrazia. Tu vorresti piangere e invece devi firmare, devi decidere sulle ceneri, dove vuoi che vadano le ceneri? Allora dici piango domani, quando ho sistemato le ceneri, quando ho ritirato il certificato, quando ho svuotato la lavatrice o il frigo. E alla fine non piangi più. O piangi male, a tradimento.
Mia madre da quando è morta è morta circa ottantasette volte. Ogni volta che mi è tornata alla mente senza evocarla. La memoria tiene le persone in vita ti hanno insegnato, ma non ti hanno detto che quando ricordi muori un po’ tu. Inevitabile, pare che migliori con il tempo. Si ripete che la vita sia troppo breve, ma in realtà è la morte a essere troppo lunga.
La morte è imbarazzante, le persone si scusano di non avere parole, non ci sono parole. L’unica cosa da non fare è non dire proprio niente, per paura di dire la cosa sbagliata. A me è successo in passato di non farmi sentire, che cosa da bambina stronza tacere il dispiacere per l’altro.
Non ci sono rivelazioni sul letto di morte, la persona che se ne va raramente ha tempo di dare consigli, elargire verità assolute. È tutta impegnata a morire, che è naturale e innaturale insieme, come il parto. Mia madre si è rintanata ed è morta nello stesso modo in cui è venuta al mondo, in posizione fetale. Sono l’ultima persona che ha riconosciuto, chi sono mamma? Il mio amore. La prendevo in giro: rispondendo così non avrebbe mai scontentato nessun parente al suo capezzale.
Per nascere e morire si dovrebbe essere almeno in due, il contrario è disumano e infatti viviamo tempi disumani, di travagli in solitudine, qualsiasi sia la direzione del travaglio, dal buio alla luce, dalla luce al buio.
È che la solitudine si è insinuata nelle nostre vite e nelle nostre case, l’abbiamo abbracciata, onorata, glorificata, l’abbiamo indorata come tutte le pillole da ingoiare a forza, meglio soli che male accompagnati e a forza di ripeterlo siamo diventati noi la cattiva compagnia.
Riflettevo di quanto sia figlia di questa cultura della forza individuale, di quante volte ho scelto di essere forte, coraggiosa, “figa”. Sola. Di quanto sentirmi apprezzata abbia sovrastato il sentirmi amata. Di quanto mi sia divertita a definire la mia identità sull’opposizione, sulla distanza dagli altri e sull’unicità. La morte se la guardi negli occhi ti dice, come scrisse battiato, che il giorno della fine non ti servirà l’inglese, né di aver avuto ragione negli scontri tra tifoserie, né di saper correggere i qual è del vicino, il giorno della fine ti servirà solo poterti dire amato, sentirti amato sulla terra. E per questo non serve a niente essere fighi, serve solo essere buoni.
Buonasera Questa mail non sarà più attiva È possibile sostituirla con questa? patrrriz@virgilio.it Non vorrei perdetevi… Grazie mille Patrrri
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buonasera, credo basti iscriversi di nuovo con la nuova mail! a presto
Quante verità in queste parole, scelte con cura, tenere e potenti, che vanno dritte al cuore. Parliamo poco e malvolentieri della morte, grazie a te per averlo fatto in modo meraviglioso. Un abbraccio!
Condoglianze… Sul cosa dire non so se essere d’accordo con te, quando morì mia madre il mio compagno – dall’altra regione in cui stava con una figlia – mi scrisse “RIP ha tolto il disturbo” volendo dire che aveva smesso di soffrire. Non ti dico come è stata accolta la frase. Un altro mi disse qualcosa come “su con la vita”. A posteriori ha dell’umoristico, ma in quei momenti e soprattutto quando in obitorio ci rendemmo conto che l’avevano scambiata con un’altra persona, ci si sente incompresi e vagamente derisi. Su tutto il resto, concordo…
io ho riso, vergognandomi molto, quando è partita la musica di Ken il guerriero nella camera ardente… in realtà era un terribile canto di chiesa scelto da mia sorella
Un abbraccio forte.
Io voglio andarmene con il guerriero di Hokuto nelle orecchie, di sicuro.
Come fai tu a scrivere di vita, amore e morte con la stessa leggera profondità che rende giustizia al tema trattato senza mai essere scontata? A me non piace quando dicono che qualcuno è scomparso per dire che è morto. In un certo senso è vero che si scompare ma scomparire mi fa pensare alla magia e poi ti aspetti che quel qualcuno venga magari ritrovato ma purtroppo non riapparirà mai più o almeno non su questa terra nella forma che conoscevamo. Forse sarebbe più coraggioso dire semplicemente è morto, ci mancherà tantissimo ma c’è la faremo perché è così che va. Post bellissimo
E’ vero. Mi ci ritrovo pienamente nelle tue considerazioni soprattutto in questa giornata. Ti faccio le mie condoglianze e non aggiungo altre parole.
Ti leggo sempre con piacere, non ho mai commentato. Ma questa riflessione è meravigliosa. Commovente. Grazie. Lucia
Anch’io ti leggo sempre e taccio. Ma ora no, le tue riflessioni sono vere. Quando va via una madre, un padre, si portano via la loro immagine di noi, che non ritroviamo in nessun altro. A me è mancata la terra sotto ai piedi e ci ho messo dieci anni a riprendermi, se pure ci sono riuscita.
Cara Enrica (e di riflesso cara Silvia),
in quelle rare volte che Mariarita mi sentiva al telefono (di straforo mentre parlava con mamma) mi ricordava sempre di quante volte mi avesse cambiato il pannolino.
Erano due giovani ragazze le nostre mamme; amiche in attesa, con qualche mese di differenza. Io sono nato che Silvia ancora era li bella al calduccio nel brodetto amniotico e vostra mamma si allenava con me forse per non trovarsi impreparata. Non lo saprò mai, ma mi piace pensarlo.
Tu Enrica sei arrivata dopo, mi ricordo di te bambina piccola , mentre io giocavo(litigavo/venivo sopraffatto/schernito) da Silvia a casa vostra, quando ancora vivevate in prossimità di piazza Vittorio
Per Renata è morta una sorella e il destino beffardo (ma io preferisco pensare ad una sorta di magia del legame affettivo) ha voluto che Mariarita lasciasse questo mondo nel giorno del compleanno di mia mamma.
Una data le legherà ancora per sempre: la data di nascita di Renata e la data della morte di Mariarita.
Ti (vi) abbraccio.
ti leggo solo ora, grazie per le parole commoventi Alessandro caro
Ti faccio le mie condoglianze. E grazie per le tue riflessioni. La mia è questa: adesso, il mio tempo sarà per l’amore.
Dopo due anni, nel mio surgelatore ci sono due barattoli di sugo che aveva surgelato lei, ed etichettato con la sua calligrafia. Non riesco a buttarli. E che colpo quando tiro fuori una tovaglia stirata… l’ha di sicuro stirata lei, io non stiro…
Un abbraccio
nemmeno io commento mai, e ti leggo da anni… però voglio dirti che si trova conforto, in chi sa usare le parole come fai tu, quando si vivono queste situazioni. La morte di una mamma ti toglie la certezza di chi ti ha sempre amato, soprattutto quando è avvolta e si è conclusa nella solitudine di una rsa, ai tempi del covid.
Ho amato molto mio papà. All’obitorio quando io e mio fratello lo abbiamo visto dopo 10 giorni di ospedale senza contatti, ci siamo sorpresi entrambe a dirgli ‘grazie’ per quello che era stato e per come ci aveva accompagnato nella vita. condoglianze, di cuore
Magnifico post. Tutto vero. Un abbraccio.
Ecco dov’eri finita… Un abbraccio forte anche ai bambini
Eh, io lo sapevo perché avevo già fatto un giro con mio padre, la burocrazia a questo giro con la mamma coi fratelli siamo stati ripetenti, abbiamo vissuto di rendita, un due tre pompe funerale fai tu faccio io. Per la seconda volta ho visto un genitore morire, la prima in un groviglio di lenzuola di casa e in un affanno di improvviso, la seconda in un letto pulito, con un casco di astronauta con la morfina che addolciva le parolacce (“culo, culo”) che ci dicevamo attraverso la plastica per sorriderci, torre di controllo, siamo ancora qui.
Son passati quasi tre mesi e sono in mezzo al viaggio anch’io, ti sono vicina.
Poi della bontà parleremo un’altra volta. Di sicuro mi ha salvato aver dei figli per perdonarla.
Davvero toccante quello che hai scritto, anch’io ho perso mia madre (a cui ero molto legato) da non molto tempo e devo riconoscere che mi sono ritrovato in alcuni tuoi pensieri. A mio parere l’unica via d’uscita da questa sofferenza continua, se così possiamo chiamarla, è la fede. Chi ha la fortuna di averla si consola avendo la certezza che chi muore in realtà comincia la vera vita.
Un saluto
una volta rimasi colpita da una frase di Antonella Clerici. in realtà era la seconda volta che rimanevo colpita da una frase della Clerici, la prima era stata che dopo una certa età o facevi scendere il culo o facevi scendere la faccia, grande saggezza e paraculismo estetico. La frase era: “nella vita nonostante le illusioni che ci facciamo, siamo soli. L’ho capito solo quando è morta mia madre”. Ecco volevo dire che mia madre è viva e vegeta, ma che siamo soli a prescindere dalla pandemia, forse è vero. Forse è per questo motivo che i cinici scelgono di esser unici, per darsi una ragione a tutta questa solitudine. E forse per questo le donne ciniche fanno tanti figli. per dare un mal comune mezzo gaudio ai figli quando schiatteranno. Condoglianze e grazie perché dai voce alla gioia e al dolore con uguale forza grazia e leggerezza e questo mi aiuta a sentirmi ugualmente sola ma meno annoiata.
Un mese fa è mancato mio papà.
Ho scritto sul mio diario “bisogna voler bene”. Così le tue parole mi toccano.
Quanto è sincera la tua scrittura!
Lì nasce la profondità che tu sai stemperare con la leggerezza.