Mi interrogo sul Franchi affair in ritardo di h24 per 4 per un totale di 96 ore, perdonatemi ho avuto di meglio da fare. Considerando che l’unica cosa a cui un essere umano dovrebbe rispondere accaventiquattro non è la casella di posta ma è il proprio sistema circolatorio, respiratorio, endocrino e via discorrendo, quello che più mi ha colpito di questa storia è un articolo ripostato in seguito alla polemica, un’intervista in cui la Franchi racconta la sua infanzia difficile, la sua adolescenza difficile, la sua maternità difficile.
In pratica il sottotesto è: questa affezione al lavoro, questa ossessione che mi conduce in azienda con i punti del parto sanguinanti, è frutto di rabbia, di voglia di riscatto, di “mondo tu mi hai provocato e io ti mangio”. Non entro nel merito dell’uscita sulle donne, è stata abbondantemente asfaltata nei giorni scorsi (quando vabbè poi a necessitare di una bella passata di cemento sarebbe l’intero sistema del lavoro italiano) ma io credo che il modello di macchina con motore a rabbia e frustrazione sia davvero superato e se non è superato, minchia superiamolo perdio che ci inquina i giorni e ci soffoca le notti.
Lavorare accaventiquattro non è figo (come non è figo usare l’espressione accaventiquattro) è proprio il contrario di figo, è da poverini, accettare di lavorare accaventiquattro è da persone che sentono di non avere alternativa e quindi da schiavi. Dare la propria disponibilità così a lungo vuol dire solo tre cose: o che stai facendo anche il lavoro di un altro o che stai facendo male il tuo o che sei Renatino della pubblicità della Grana Padano, quindi un personaggio di fantasia perculato in mondovisione.
La Franchi sceglie donne che hanno già fatto i loro giri di boa, oltre i quarant’anni, dice. Donne come me. Donne a cui i giri di boa dovrebbero aver insegnato quanto surreale sia questa idea di successo, donne consce, tra l’altro, che i giri di boa non finiscono mai e che dopo aver schivato la cura dei figli e i matrimoni ti aspetterà quella boa gigante della cura dei genitori malati o della cura della tua salute. Insomma ti aspetterà sempre la vicenda del vivere, di cui il lavoro non può rappresentarne che una parte, non l’intero. Ho la sensazione e forse la speranza che la Franchi scelga donne quarantenni come me, perché sono le uniche a cui poter propinare la storia del “mondo tu mi hai provocato e io ti mangio”. E dove sta la speranza? La speranza sta nel futuro, nelle ragazze e nei ragazzi che dalla Franchi non lavoreranno mai e non perché non vengano presi, ma perché la Franchi proprio non se la filano, perché accaventiquattro hanno meglio da fare, tipo vivere.
Ma in azienda non dovrebbero contare solo le competenze? Al di là di sesso, età, figli ed orientamento sessuale?
In un mondo ideale….ma mi domando se poi sarebbe davvero ideale un mondo in cui i lavoratori e le lavoratrici devono dimenticare tutto quello che la vita comporta. Crescere i figli, assistere gli anziani, disgrazie, malattie. Chi sponsorizza un modello così, vuole lavoratori che facciano finta di credere a tale modello, e che scarichino tutto il lavoro di cura sulle donne della famiglia. Così è questo paese delle meraviglie… spero che per i giovani cambi qualcosa in meglio.
La famiglia, le donne, sono ancora il più utilizzato ed efficace ammortizzatore sociale. La situazione sta migliorando nell’ottica di una società davvero solidale, ma la strada è lunga, tortuosa, con il rischio di tornare indietro sempre presente…