treni e altri desideri.

Domenica, il vagone è semivuoto, ho da leggere, ho da scrivere, ho la musica, ho dove andare e dove tornare. Il posto assegnato dà le spalle alla direzione del treno, a mia madre così veniva la nausea, avrebbe fatto il diavolo a quattro per cambiare con il vicino, meglio corridoio che finestrino perché poi c’è l’aria condizionata e l’aria condizionata è traditrice. Affrontava il treno come Mata Hari, sfilando dalla borsa foulard e sciarpette fino alla totale copertura dei punti deboli: spalle, gola, nuca e orecchie. La immagino in versione Zendaya in Dune, sorrido, a me non fa differenza.

Arriva una ragazza, parla agli auricolari, trascina un trolley, si piazza qualche sedile più giù. È giovane, non la vedo ma la sento, una volta seduta legge all’amica al telefono una lunghissima conversazione via chat, è uno scambio d’addio zeppo di “ho bisogno del mio tempo per lavorare su me stesso” di lui, in risposta a “ho bisogno di sapere se mi ami ancora” di lei. Lui divaga, ma non dice. Lei incalza “mi ami ancora?”, lui cambia discorso “anche tu hai bisogno dei tuoi spazi, di ampliare i tuoi orizzonti, di ricostruirti” (spazi, panorami, ricostruzioni: forse son seminterrati questi ragazzi, fa sorridere non fosse che lei piange, tira su con il naso: lui vuole il doppio affaccio, a me è evidente).

Lei gioca il tutto per tutto “non ho bisogno di ricostruirmi, è starti lontano che mi distrugge, mi manchi, ti amo”. Qua la chat si interrompe, ma la conversazione con l’amica no. Immagino che dall’altra parte della linea sia partito un Che stronzo (non lo dire troppe volte che è uno stronzo, amica al telefono, altrimenti se tornano insieme tu sei fottuta), perché lei lo difende: “non è uno stronzo. Davvero non è uno stronzo”. Poi scende un silenzio sconsolato. Passa il controllore. Penso che la ragazza voglia una risposta che ha già, incredibile quanta fretta da giovani, il paradosso dei vent’anni: più tempo abbiamo davanti e più abbiamo fretta. Penso che lei non sappia cosa fare, quando in realtà quel che resta da fare è soffrire, accettare di soffrire, per un tempo indefinito che, per esperienza, sembra lunghissimo al momento e che è brevissimo in assoluto.

Penso che lei sia terrorizzata dal trascorrere del tempo perché la allontana dalla relazione, dai ricordi a cui comunque si aggrappa, dalla paura del “non mi capiterà più con lui” che a un certo punto verrà sostituita dal “non mi capiterà più e basta”, di innamorarmi, di trovare qualcuno che mi piaccia. Incontrarsi sembra facile solo nei film, io guardavo Sex and the city, Miranda lavorava ventidue ore al giorno, usciva dall’ufficio e si accoppiava con vicini di casa, uscieri, baristi del chioschetto, runner di gloovo direttamente sulla bici. E aveva ancora il coraggio di lamentarsi.

Penso a quante parole scritte e a quante dette, dio mio quante. Non mi fido più delle parole e delle cose che ripetute troppe volte diventano vere, il loro suono rotondo, come sono sensate. Mi fido sempre più dei silenzi invece, anche se non mi vengono bene o proprio perché non mi vengono bene. È come quando ti dicono “ti amo”, mai rispondere “davvero?”. Al ti amo si risponde ti amo e silenzio, sempre sia vero.

Ringrazio mentalmente che per me, ora, sia vero. Poi non penso più niente, mi perdo nel libro che leggo, mi dimentico della ragazza, dei messaggi stile tecnocasa, della follia amorosa. Sono quasi arrivata, vado in bagno, al ritorno cambio posto e deciso di fare come mia madre, direzione del treno, corridoio e la vedo. Ha gli occhi umidi, le guance rosse, forse ascolta le loro canzoni, più probabilmente rilegge i messaggi degli inizi. E qui accade qualcosa di inatteso. C’è un ragazzo accanto a lei, lato finestrino, toglie le cuffie, si muove sulla poltrona, lei fa per alzarsi, per lasciarlo passare, ma lui la ferma: “no no non sto andando via, è che… ti ho visto così… non ci sto provando eh, ma posso aiutarti in qualche modo?”. Insomma ridono, lei piange, ma ride anche, sono imbarazzati, “non ho manco un fazzoletto da darti, al massimo usa la mia spalla”.

Poi purtroppo scendo. Non accadrà niente tra loro, non siamo in Sex and the city, sicuramente non è quello giusto per lei. Ma chi se ne frega, penso, questo ragazzo con la barba incerta come i suoi occhi timidi, questo ragazzo è giusto e basta.

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3 thoughts on “treni e altri desideri.

  1. grazia lombardi says:

    Grazie,stasera sono molto stanca, ho avuto una giornata impegnativa, ma pensare che esista ancora qualcuno che e’ attento ai sentimenti degli altri( e non parlo solo del ragazzo), mi riporta su il morale!

  2. Margherita Colaci says:

    Vorrei che il mio nipotino in arrivo fosse come quel ragazzo…
    Con mia figlia ci stiamo chiedendo se i maschi siano davvero diversi dalle femmine oppure se siano le mamme diverse con i figli maschi. (sono fuori tema)

  3. Paola Moschini says:

    Che tempi quando si soffriva per amore! E’ giusto. Ad ogni età il suo dramma. Poi, molto più avanti, arriva quello della nuora che ti odia e ti allontana da tuo figlio

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